Descrizione
ALPHONSE DE CHÂTEAUBRIANT
IL FASCIO DI FORZE
Thule Italia Editrice, aprile 2016
Pagine: 246
ISBN: 978-88-97691-35-8
«Ho scritto questo libro per la Francia»: proprio così esordisce Alphonse de Châteaubriant quale incipit della sua chiusa a quella che forse è la sua opera più significativa, più rappresentativa: Il fascio di forze. Romanzo che, ossimoricamente se non paradossalmente, potrebbe essere definito “non romanzo”, perché concretarsi su carta di esperienze liricamente ricordate dall’autore, composto tra la natìa Francia, ormai al tramonto della sua storica “grandeur”, e una Germania nel pieno fiore della sua straordinaria rinascita, Il fascio di forze si presenta apparentemente come il rendiconto di un osservatore da se stesso investito del compito di vedere, ascoltare e riportare, proprio nella sua patria, la verità circa un mondo appositamente deformato nella sua veridicità oggettiva e spirituale, morale; rendiconto che serva da monito e da esempio a una Francia depauperata e degradata nella propria identità, e che contribuisca a un ritorno all’essenza della propria particolare anima, di quel che fa sì che un popolo, una nazione, siano tali; un rendiconto che serva a risvegliare l’orgoglio, a far rinverdire lo spirito ormai sopito e non più libero, rendiconto che immanentemente assume, fin dalle prime pagine, le parvenze sempre più liriche di un Lied celebrativo, di un canto, di un tributo, da parte di uno straniero, a una terra non conosciuta e volutamente deformata dall’opinione pubblica agli occhi di chi – al pari delle masse – non può che accontentarsi delle stereotipate voci di una politica di devastazione, mai di costruzione. Frutto di una scelta, la scelta appunto d’intraprendere un viaggio di vera conoscenza in una Germania a quel tempo tacciata dall’Europa di menzogna e costrizione, Châteaubriant si trova, una volta entrato in un mondo le cui porte erano state tappezzate della dissacrazione dei feuilleton, di fronte alla più grande e sublime delle armonie, di fronte all’ipostatizzazione più cristallina della purezza, di fronte alla verità. Ed è allora che tutto, tutto, dai panorami dal sibillino significato ancestrale alle costruzioni che si abbarbicano su vette irraggiungibili se non all’occhio dell’aquila, dalla sequenza delle note su uno spartito di Bayreuth alle parole profferite di fronte a folle e folle di persone esultanti, dalle concavità abissali dei fiumi alle braccia tese a salutare il sole; tutto, tutto si tinge di poesia: la poesia di Lohengrin e del Cavaliere di Bamberga, la poesia del suolo e la poesia del sangue, la poesia di voci e mani – le mani tese dalla Germania alla Francia.