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La legge della bellezza (dal quaderno SS n°4, 1938)

Per quanti conoscono delle Schutzstaffel solo un aspetto – quello militare –, ovvero l’espressione ultima di una preparazione ideologica ben più profonda, postiamo questo brano tratto dal volume II “Ordine SS” edito dalla Thule Italia Editrice. Ricordiamo che l’articolo può esser riprodotto solo citandone la fonte. Inoltre i due volumi sono inoltre acquistabili direttamente qui [Ordine SS – vol I] – [Ordine SS – vol. II]

Quaderno delle SS n° 4. 1938

La legge della bellezza

Tutto quello che per noi ha un valore eterno si trova sottomesso a delle leggi ferree. Anche se volessimo arrestare il corso delle stelle, esse proseguirebbero la loro strada secondo leggi eterne, così come la natura segue la legge ritmata dalla nascita e dalla morte. Le leggi eterne rifiutano il caos, la decomposizione e la distruzione di tutti i valori.

Molto prima che l’uomo riconoscesse il giusto fondamento delle cose, già obbediva alla legge della attività creatrice. Colui che ha percorso le nostre ricche gallerie d’arte con raccoglimento comprende perché le statue classiche in marmo degli antichi Greci lo colpiscano con il loro fascino tanto quanto le più belle opere contemporanee. Tremila anni sono passati senza intaccare l’ideale di bellezza che animava i Greci per i quali nutriamo una profonda ammirazione.

In una certa epoca, era di moda considerare l’arte come una cosa morta, una considerazione ancora in voga in circoli noiosi che si interessano alle cose «del bello spirito». Essi si preoccupano molto per la pretesa mancanza di nuove idee creative e cercano così di dimostrare che gli artisti del nostro tempo non possono che copiare l’antico.

Ma nessun artista creatore può creare davvero, se si allontana dalla legge classica della bellezza. Come in passato, la Venere di Milo resta un ideale di forme e le opere immortali di un Michelangelo non cercano altro che imitare quelle dei grandi maestri greci Policleto o Lisippo, ma sono anche creazioni intuitive fatte seguendo le leggi eterne della bellezza.

Leonardo da Vinci fu il primo ad aver riconosciuto il principio della bellezza. La formula del «numero aureo» è attribuita a lui: a:b=b:(a+b). Questo significa che il corpo umano, dalla sommità della testa fino all’ombelico, si trova nello stesso rapporto di proporzioni delle parti inferiori, e lo è inversamente rispetto al corpo intero. Ignorare la regola del «numero aureo» non può portare a una nuova forma d’arte ma alla negazione della legge della bellezza, dunque al caos.

Questi «rivoluzionari» che si compiacevano nel negare il «numero aureo», erano i dadaisti, tutti quelli che si annoveravano a giusto titolo tra i «primitivi» e coloro che pensavano di essere i precursori di una nuova epoca. I loro lasciti rappresentano delle aberrazioni assai lontane dai ritratti umani la cui vista deve elevarci e confortarci. Quale pittore può ignorare impunemente le regole della prospettiva senza produrre delle opere forzate che vanno considerate a giusto titolo come un’arte degenerata? L’architetto dovrà sempre tener conto di due elementi fondamentali, le parti portanti e quelle portate, al fine di assemblarle in un tutto armonico.

Anche in architettura si credeva di dover contraddire gli esempi classici sottolineando che la facciata deve adattarsi all’organizzazione dello spazio e non viceversa. La costruzione fu divisa in due parti opposte e incompatibili. Ma l’arte architettonica sta nell’associare questi due elementi in maniera armoniosa. La degenerazione delle regole si esprime in quelle case in cui i muri hanno finestre asimmetriche e di dimensioni differenti, riprova dell’incapacità di questo stile di architettura, che crede di poter fare a meno delle leggi della bellezza.

Poco tempo fa, le nostre gallerie d’arte vennero arricchite di un pezzo unico acquisito dal Fu?hrer: il discobolo di Mirone. Vi si nota la presenza di tutte le leggi della bellezza, ivi compresa quella che concerne l’armonia perfetta del corpo. La figura è rappresentata nel momento preciso in cui si carica per poi lanciare il disco. È l’istante in cui due movimenti differenti si collegano; il caricamento del braccio e il «punto morto» propriamente detto, quello precedente il lancio.

Non si può scegliere a caso qualsivoglia momento in relazione al movimento. Che si tratti di un cavallo che salta o di un uomo che corre, si può trovare sempre un «punto morto» all’interno dei movimenti che compongono l’azione.

Oggi riconosciamo la regola della bellezza che regge le opere artistiche, la loro costruzione e la loro composizione. Gli artisti antichi non conoscevano certo nulla della formula della sezione aurea, ma una intuizione artistica li guidava.

A lungo si è pensato che nessuna legge assoluta ed eterna reggesse l’arte. Si pensava al gusto dell’epoca e si credeva che ciascuno possedesse il proprio ideale di bellezza. Si confondeva così l’arte con la moda. Nel momento in cui si visita una galleria d’arte dove sono raccolte le più belle opere degli ultimi secoli, si constaterà che non ce n’è una che corrisponda al «gusto del pubblico», dunque «alla moda». Oggi ci confrontiamo con questo tipo di opere senza comprenderle, poiché lo spettatore deve sentire attraverso l’intuizione il sentimento che animava l’artista nell’atto creativo. In effetti, nessuna opera d’arte può essere compresa se la si deve prima spiegare in maniera intellettuale. Ed è degno di nota che tutti gli «artisti» che, per dissimulare la propria incapacità, seguono delle strade nuove, credendo così di potersi sottrarre alle leggi della bellezza, sono ostili a tutta la vera arte che considerano di solito come polverosa. Cercano di mettere in cattiva luce colui che rispetta le leggi eterne della bellezza, facendolo passare per un volgare imitatore dell’antico.

L’arte dona tutto a colui che rispetta le sue leggi. L’uomo che oggi tempri e rafforzi il suo corpo con degli esercizi fisici, si può accostare all’ideale del discobolo di Mirone.

La bellezza è un calcolo esatto che ha provato la sua ragion d’essere nel corso dei secoli. Ciascuna razza può possedere il proprio ideale di bellezza, ma questo resta unico e assoluto all’interno della stessa razza.

Si vede dunque che anche l’artista è legato a delle leggi ferree pur nella sua libertà creativa, e che non può muoversi a casaccio se non vuole sprofondare nel caos, nella decomposizione e nel bolscevismo culturale nichilista.

SS-Ustuf. V. J. Schuster

L’opera d’arte è la religione materializzata.

Wagner