Il ‘vangelo’ di Eckart
[tratto da “La Profezia del Terzo Regno: dalla Rivoluzione Conservatrice al Nazionalsocialismo“]
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Ci sono eruditi che hanno passato la vita a studiare questa materia della “guerra i come fede”, del “terrore divino”, delle “leggi sullo sterminio” che popolano fobicamente la Bibbia. Si tratta di un universo che non è in qualche modo solo un libro di storia, in cui si narrano crimini effettivamente avvenuti, ma in cui si rivela una volontà divina tesa alla violenza di per sé, per principio, come sacrale legge di comportamento del “popolo di Dio”. Qui, non qualche suo troppo zelante seguace, ma Dio in persona ordina il massacro. Dunque un Dio criminale? È un fatto che una lunga sequela di sangue percorre la storia del “popolo di Dio”, con straordinaria, singolare, ineguagliata metodicità. Nulla di simile, bisogna dirlo, presentava l’apocalittica ario-iranica, da noi già vista, nella quale la lotta fra il bene e il male era sì assoluta, ma in ogni caso non mai comprensiva di una tale abissale e violenta disumanizzazione del nemico. Tutto questo ha fatto sì che qualcuno, ad esempio lo storico Pierre Crépon, si sia chiesto: «Come è possibile ammettere che il dio degli Ebrei, che diverrà il dio unico del giudaismo, del cristianesimo e dell’Islam, sia al tempo stesso il Creatore dell’universo, il Padre di tutti gli esseri viventi, e quel dio sanguinario che incita il suo popolo alla guerra e nel cui nome sono stati commessi tanti spietati massacri?».
Ora, come sia possibile, onestamente non sappiamo, ed anche noi vorremmo saperlo. Ma il medesimo, costernato quesito dovette esserselo posto anche Dietrich Eckart quando, nel vergare i suoi immaginari Dialoghi tra Hitler e me. Il Bolscevismo da Mosè a Lenin – interrotti alla fine del 1923, quando il loro autore, arrestato dopo il putsch hitleriano, morì di lì a breve, e pubblicati l’anno seguente – nella finzione narrativa faceva osservare al suo interlocutore che «davvero, il libro di Giosuè dovrebbe essere sufficiente; dà un’idea del genocidio ininterrotto, delle crudeltà bestiali, della spudorata rapacità e astuzia a sangue freddo – l’Inferno manifesto!»1. La lunga sequela dei passi biblici citati nell’opuscolo, dai quali trasudava la sobillazione all’eccidio e all’eliminazione fisica del nemico, aveva la sua logica conclusione in una volontà di vendetta. E qui Eckart stesso, richiamandosi a Lutero, ci svela quale fu la molla prima che attivò l’intera macchina della reazione politica, in un modo che non lascia spazio all’equivoco: «Lutero espresse la sua opinione su ciò abbastanza chiaramente. Ci esorta a bruciare le sinagoghe…». A questo punto, il procedimento è chiaro, e ci viene esposto dallo stesso Eckart che fu, ricordiamolo, il personaggio alla cui partecipata memoria Hitler volle chiudere il suo Mein Kampf. il Nazionalsocialismo sorse per fronteggiare l’ebraismo, del quale si coglievano le implicazioni distruttive in atto lungo un asse storico enorme, che andava in linea retta “da Mosè a Lenin”, e sorse per fronteggiarlo con le sue stesse armi ataviche di distruzione del nemico.
Si tratta del medesimo cortocircuito riconosciuto da Nolte, in base al quale il trauma emotivo (Grundemotion) causato dalla vista che il giudaismo comandava un partito interazionale votato alla guerra civile mondiale e che, per perseguire tale scopo, si serviva del massacro come normale procedura rivoluzionaria, fu il motivo primo del radunarsi dei molti partiti nazionalisti nella Germania post-1918, e fra questi la prima DAP. Ciò è alla base dell’ipotesi «che il centro motore dei sentimenti e dell’ideologia di Hitler fosse effettivamente il suo rapporto di paura e di odio con il comunismo t che egli quindi esprimesse in maniera particolarmente intensa quello che numerosi contemporanei tedeschi e non tedeschi sentivano». Si verificò, insomma, ciò che à Nolte è stato definito «lo scambio delle caratteristiche», un meccanismo psicologico e politico di transfert e rovesciamento, in forza del quale il Nazionalsocialismo s: sarebbe trovato nella necessità di assumere, per meglio combatterlo, la forma del sue nemico mortale, il bolscevismo ebraico. Poiché, se, fino ad un certo periodo, all’interno della NSDAP, si poterono ancora emanare circolari, come quella di Hess, citate da Nolte, in cui si affermava che «maltrattare gli avversari è tipico dell’atteggiamento giudaico-bolscevico ed è indegno del nazionalsocialismo», in seguito l’incrudimento della lotta, rappresentato dalla “dichiarazione di guerra” portata dal Consiglio mondiale ebraico alla Germania nel 1933, attraverso il boicottaggio economico, e a seguire la promessa di annientamento fatta solennemente al Terzo Reich dagli Alleati nel corso della Seconda guerra mondiale, dovettero consigliare il passaggio ad altri metodi.
I Dialoghi di Eckart, che si inserivano in un profluvio di articoli – apparsi soprattutto nella sua rivista “Auf gut Deustch” – di sempre elevata intensità aggressiva, sono stati visti come uno dei “vangeli” del Nazionalsocialismo, quei testi cioè che ne hanno svolto in forma di dialogo socratico, ovvero di racconto-testimonianza, l’interno sistema ideologico dei primi anni di lotta, andando quindi a costituire un corpus canonico che dagli storici viene considerato in ogni caso fededegno per la delineazione di un clima. Altri “vangeli”, come li chiama lo storico David Redles, furono ad esempio i primi scritti di Rosenberg, oppure le testimonianze – a suo dire non importa quanti apocrife o attendibili, così come esistono anche Vangeli apocrifi in ambito cristiano – di Hermann Rauschning e Otto Wagener, unitamente a quella singolare pubblicazioni fatta dal ricercatore della Columbia University Theodore Abel, che nel 1934, col titolo La vecchia guardia parla, raccolse una serie di testimonianze di tipo sociologico circa le motivazioni politiche che avevano spinto un consistente campione di Tedeschi a militare nelle SA. Tra tutti questi “vangeli”, i Dialoghi eckartiani sono stati visti dagli storici – ad esempio da Nolte – come esemplari del tutto assonanti con le future I convinzioni di Hitler, espresse non solo in Mein Kampf, ma anche nel Secondo libro dei 19282 o nei numerosi discorsi, ed ivi comprese le più tarde Conversazioni a tavola degli anni di guerra.
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Il pamphlet di Eckart, in tal modo, assurge a incunabolo di una proclamazione di fede che coinvolse la primissima comunità dei “risvegliati”: «Hitler ebbe un ruolo chiave nel presentare l’immaginario archetipale del millenarismo, in un modo che suonò autentico per un gran numero di suoi contemporanei. Nel ricoprire in seguito il ruolo di profeta apocalittico, Hitler fece il primo, importante passo nel presentarsi come il salvatore che tutti attendevano. Di conseguenza, come tutte le fonti che costituiscono i vangeli di Hitler, Il Bolscevismo da Mosè a Lenin ci offre un punto di vista di straordinario valore non solo relativamente alla concezione del mondo millenarista di Hitler, ma anche di tutti coloro che costituivano la sua cerchia più vicina»3. La “costruzione millenarista della realtà”, insomma, viene scorta, dal punto di vista storiografico, proprio in documenti come quello di Eckart, che hanno il doppio pregio di essere sia originari, in quanto relativi all’epoca del Nazionalsocialismo primigenio; ì sia originali, in quanto stesi di propria mano da protagonisti della prima ora. Detto tutto ciò, il dualismo neo-gnostico, in quel breve testo così evidente, ne esce come elemento fondante di tutta una concezione del mondo escatologica, colta nel momento del suo primo svolgersi, e che, lungi dall’essere variata in qualcosa nel corso dei vent’anni seguenti, una volta garantita dall’ortodossia stabilita da Hitler, giocherà il ruolo di centro ideologico dell’immutabile tavola dei valori. La quale pertanto venne incisa, una volta per tutte, ancora prima dell’apparire dell’opus magnum costituito dal Mein Kampf e talora addirittura prima della stesura, risalente al febbraio 1920, del programma politico della NSDAP4.
Note
1 D. Eckart, Dialoghi tra Hitler e me. Il Bolscevismo da Mosè a Lenin [1924], Editrice Thule Italia, Roma 2008, p. 6
2 A. Hitler, Politica Nazionalsocialista [1928] Oltre il Mein Kampf e il Mein Leben, Editrice Thule Italia, Roma 2010
3 D. Redles, Hitler’s Millennial Reich. Apocalyptic Belief and the Search for Salvation, New York University Press, New York-London 2005, p. 193.
4 G. Feder, Il Programma del N.S.D.A.P., Editrice Thule Italia, Roma 2011