Descrizione
J. P. Goebbels DIARIO 1942
Associazione Thule Italia, aprile 2014
“I Monografici”
Pagine: 188
lingua: italiano
La pubblicazione del volume del diario di Joseph Goebbels relativo all’anno 1942 – dopo le precedenti pubblicazioni del Diario del 1938, del Diario 1939/40 e del Diario 1941– per la serie “Monografici della Thule Italia”, rientra in quel compito di rendere nuovamente disponibili documenti da tempo introvabili.
Il prossimo volume dei Diari riguarderà il 1943.
Ci sembra inoltre opportuno ricordare che tale diario è al contempo autentico e d’epoca, oltre a non essere mai stato revisionato da Goebbels (a differenza del giornale tenuto dal conte Galeazzo Ciano). Non ci sono quindi né segni di aggiunte né di soppressioni. Goebbels i suoi diari li aveva fatti microfilmare, trascrivere e custodire in luoghi a prova di bomba (come la camera blindata nei sotterranei della Reichsbank).
“Sono troppo preziosi perché si possa rischiare che cadano vittima di qualche bombardamento” – scriveva Goebbels – “e offrono un quadro della mia intera vita e dei nostri tempi”.
20 marzo 1942 (venerdì)
«Questo inverno non finirà dunque mai? Una nuova epoca glaciale appare forse all’orizzonte? Si è proprio tentati in certi istanti di cedere a questo sospetto, nell’assistere ai ripetuti attacchi dell’inverno.
Attraverso la neve e il gelo ci siamo spinti fino al Quartier Generale. Là il morale è straordinariamente elevato, anche se l’interminabile inverno ha un effetto piuttosto deprimente. Ma la speranza s’impone che con la fine prossima dell’inverno tutte le angustie che ora ci tormentano avranno termine.
…
Il Führer, grazie a Dio, sembra godere d’una salute eccellente. Ha passato giornate eccezionalmente difficili e tutto il suo comportamento lo mostra. Il Führer è realmente da commiserare. Deve sostenere sulle proprie spalle l’intero fardello della guerra e nessuno può sollevarlo dalla responsabilità di tutte le decisioni che si devono prendere.
Mi sono reso particolarmente conto di ciò durante una conversazione con Schaub. Questi mi ha detto che il Führer è stato poco bene recentemente. È comprensibile, perché anche fisicamente è impossibile a una persona sola sopportare un gravame così gigantesco per un lungo periodo di tempo. Si aggiunga il fatto che il Führer vive praticamente come in un campo di concentramento. Che gli uomini di guardia al suo Q. G. fossero dati dalla SS o da qualche campo di prigionieri di guerra, non ci sarebbe differenza. L’isolamento del Q. G. e tutto il metodo di lavoro che vige entro i suoi confini hanno finito con l’esercitare un effetto molto deprimente sul Führer. Questi non ha mai la minima occasione di rilassare la tensione del proprio sistema nervoso, e lavoro e responsabilità gravano su di lui incessantemente. La solitudine in cui è costretto ad adempiere ai suoi doveri dovrà prima o poi lederlo profondamente e minargli l’esistenza.
Se nell’inverno decorso, ancor tanto restio a lasciarci, egli riuscì a cavarsela abbastanza bene, questo prova l’autentica sua natura taurina. I generali, in massima parte, sono serviti a ben poco. Le opinioni sul comando della Wehrmacht sono molto differenti oggi da come erano, per esempio, dopo l’offensiva in Francia. I generali di Stato maggiore non sono assolutamente in grado di resistere a una tensione prolungata o di affrontare profonde crisi spirituali. Son cose che non sono mai state insegnate loro. Non si è insegnato loro abbastanza a emulare l’esempio dei generali prussiani. Inoltre, i successi iniziali di questa guerra li hanno troppo convinti che qualsiasi cosa può riuscire alla prima prova e che gravi difficoltà non possono sorgere in nessun luogo.
Il Führer, da solo, ha salvato il fronte quest’inverno. Il fatto ch’egli non abbia ceduto né abbia dato segno di debolezza veruna è la sola ragione per cui il fronte non s’è incrinato, rimanendo un tutto saldissimo e compatto.
…
L’aspetto di perfetta salute del Führer è piuttosto ingannevole. L’impressione superficiale è che egli sia in condizioni fisiche eccellenti. Ma in realtà non è così. Nel nostro colloquio privato mi ha detto d’essere stato recentemente indisposto. Di tanto in tanto ha avuto forti vertigini. Il lungo inverno ha inciso sul suo spirito in un modo da lasciare traccia.
Il Führer non ha mai molto amato l’inverno. Nei tempi andati ci accadeva talvolta di ridere della sua ripugnanza fisica per il gelo e la neve. Per esempio non riusciva mai a capire come certa gente in primavera potesse andare in cerca di montagne dove restasse neve sufficiente per sciare! Ora la sua avversione per l’inverno ha dovuto subire una conferma terribile e crudele. Egli certo non avrebbe mai immaginato che sarebbe venuto un tempo in cui l’inverno si sarebbe così accanito contro la sua persona e contro le truppe germaniche. Tutto ciò è avvenuto in misura fino a oggi ritenuta inconcepibile. Che questo duro, lunghissimo, spietato inverno sia maledetto! Ci ha rizzato dinanzi difficoltà che non avremmo mai credute possibili. È un inverno che ha sottoposto non soltanto le Forze armate germaniche, ma specialmente il loro comandante supremo, a uno sforzo e a una tensione spietati. Ha del miracoloso che noi s’abbia resistito. È ancora troppo presto per apprezzare appieno ciò che il Führer ha sofferto in questi mesi. Mi ha detto che avrà occasione più avanti di parlare e forse di scrivere di tutto ciò».