Composizioni e Decomposizioni
Qualche giorno fa passeggiando per le vie del centro storico torinese mi è capitato di passare per viale dei Partigiani, che taglia in due i bellissimi e maestosi giardini reali dietro piazza Castello. In prossimità del ponte che congiunge le due parti del giardino, più elevate rispetto alla strada, è possibile ammirare la composizione scultorea del noto artista contemporaneo torinese Molinari. Opera commissionatagli dal Comune di Torino in occasione dell'evento natalizio "Luci d'Artista". Più che "possibile" direi obbligatorio, poiché l'opera si impone all'attenzione del passante sia per la sproporzionata rilevanza volumetrica che per l'effetto quasi abbagliante dei suoi colori vivaci e sgargianti. Ora, non voglio certamente giudicare la scultura in sé, che può forse avere un suo significato e valore intrinseco di incontestabile rilevanza. Devo però ricordare che sebbene l'arte, specie contemporanea, sia ormai del tutto slegata da una concezione oggettiva del bello e del gusto (in seno a questo argomento si è dibattuto aspramente e si sono scritti volumi su volumi), andare ad intaccare ciò che è il contesto urbano, che sovente, come in tal caso, è egli stesso opera d'arte, sconvolgendo la coerenza che ne lega ed unisce armonicamente le singole parti, è da considerarsi atto ingiustificato ed arbitrario.
Non una critica mirata ad attaccare l'opera dell'artista Molinari, non essendo compresa tra i nostri scopi assocciativi la critica d'arte in sé e per sé, ma una ferma presa di posizione nei confronti di quanti in nome della relatività del gusto e legittimati dalla loro momentanea autorità civile si sentono nella posizione di poter accostare le opere della contingenza, belle o brutte che siano, a fianco dell'immane opera di chi contribuì a fare grande Torino.