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San Galgano e Sovana

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SAN GALGANO

La Rotonda o Eremo di Montesiepi fu costruito subito dopo la morte del Santo sopra l'antica capanna dove San Galgano visse l'ultimo anno della Sua vita. L'Eremo fu consacrato nel 1185 dal vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi con l'imprimatur di Papa Lucio III. Il piccolo complesso è costituito della chiesa a pianta circolare interrotta solo dal piccolo abside, la cappella con gli affreschi del Lorenzzetti e il pronao d'ingresso. La copertura è realizzata da una bella cupola semisferica a fasce cromatiche alternate. All'interno dell'Eremo, al centro della Rotonda, c'è la famosa spada di San Galgano infissa da oltre 800 anni nella roccia.

La grande Abbazia di San Galgano fu realizzata tra il 1220 ed 1268 nel periodo in cui in Italia si fondevano lo stile Romanico con il nascente stile Gotico di importazione francese.  La forma dell'Abbazia è la classica croce latina.
 

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  Abbazia di San Galgano  
   
     
   
     
     
 
     
     
   
  Rotonda di Montesiepi  
  Spada di San Galgano  
   
     

 

 

SOVANA


I primi abitanti di Sovana furono piccoli gruppi di agricoltori e pastori, come dimostrano le tombe risalenti al VII secolo a.C. I loro insediamenti erano posti sulle varie alture tufacee prospicienti il medio corso del fiume Fiora.

La costruzione dell’antica Sovana fu dovuta proprio a questi piccoli nuclei che, unendosi, dettero vita alla città di "Suana". Il luogo prescelto fu quello sperone tufaceo isolato dai torrenti Folonia e Calesine dove ancora oggi esiste ciò che rimane dell’antica Suana. Strade etrusche la collegavano con Statonia, Saturnia e con i territori di Chiusi e Cetona. Agli inizi del VI secolo a.C.

Suana aveva acquisito una notevole importanza tanto che un suo cittadino potè prendere parte alle lotte degli Etruschi per il predominio di Roma. Negli anni successivi, fino al IV sec. a.C. anche Sovana risentì delle generali condizioni di crisi che investirono l’Etruria e che portarono alla scomparsa di alcuni centri, ma riuscì comunque a mantenere una continuità di vita urbana non indifferente. Sovana, con Statonia, e altri centri etruschi delle valli del Fiora e dell’Albegna, appartenne al territorio di influenza della potente Vulci. Prese parte alle lotte sostenute dagli Etruschi per impedire la penetrazione romana, finchè anche Vulci e Volsinii caddero vinte dal Console Caio Tiberio nel 278 a.C. Statonia fu eretta dai romani a prefettura "Civitas sine suffragio" e Sovana divenne "Municipium". La prosperità agricola e commerciale, lo sviluppo dell’artigianato, fecero di Sovana una città tra le più fiorenti, come dimostrano le bellissime e monumentali tombe rupestri di cui si arricchì la necropoli. L’influenza romana non determinò drastici mutamenti a Sovana, tanto che essa mantenne fino al I sec.a.C. la scrittura etrusca.

La città etrusca di Sovana apparteneva culturalmente al territorio di Vulci; sorgeva su uno sperone tufaceo posto tra due torrenti, a poca distanza da Pitigliano, località del viterbese. Le mura cingevano la parte della città non protetta dalle difese naturali e sono visibili ancora oggi. Intorno alla città sono state rinvenute due strade antiche profondamente infossate nel tufo: il frutto del passaggio su una roccia molto tenera di persone animali e veicoli e dell'erosione. Sono le cosiddette vie cave, a volte infossate anche 15 metri. La più famosa di queste strade è chiamata "Cavone" ed era anticamente costeggiata da tombe. Le necropoli circondavano la città da ogni parte. Le tombe monumentali più elaborate sono del tipo a tempio (Tomba Ildebranda, Tomba Pola) o a edicola con ricche decorazioni scolpite (Tomba del Tifone, Tomba della Sirena, Tomba del Sileno).

Le più diffuse sono però le tombe a dado, con falsa porta e cippo sovrastante. Le tombe a tempio sono imponenti e la parte sopra la camera funeraria riproduce, con frontoni, colonne e fregi, la facciata di un tempio. Dai sepolcreti si è dedotto che il momento di maggior splendore di Sovana fu nel 7- 6 a.C..



SOVANA - le VIE CAVE


Meritano una visita anche le tipiche "cave" di Sorano nei pressi di Sovana, quelle singolari vie lunghe, buie e strette, profondamente incassate nella roccia tufacea che dai Pianetti scendono a lambire le sponde del fiume Lente. La folta vegetazione che spontaneamente cresce alle sommità delle alte pareti ne occulta l’ ubicazione da qualunque parte si osservino. A percorrerle a piedi danno l’impressione di trovarsi dentro a viscere di un immenso serpente in movimento, tante sono le curve, ora strette ora ampie, che si presentano agli occhi. Il percorso, anche se molto tortuoso, non ha pendenze eccessive, mentre l’ altezza delle pareti raggiunge in certi casi anche venti metri. Per millenni hanno visto passare genti di ogni linguaggio e condizione sociale, fino a che il progresso, con le strade asfaltate, non le ha gettate nell’ abbandonno totale. Oggi soltanto qualche coraggioso turista si avventura, a suo rischio e pericolo, alla loro esplorazione ; sempre che si riesca a indovinare l’ ingresso dato che nemmeno un cartello ne indica l’ esistenza.

Sono in molti ad affermare che originariamente le "cave" non erano altro che una specie di ruscelletti che portavano acqua al fiume Lente. Ma chi conosce bene questi posti, e ha indagato per anni sul passato, sostiene che immani precipizi, ben celati dalla vegetazione, orlano di continuo le profonde gole vallive, dove sarebbe quasi arduo, anche ai nostri giorni, costruire qualsiasi tipo di strada. Esse sono state scavate esclusivamente per farne "percorsi" ; all’inizio potevano essere soltanto semplici sentieri appena accennati sul terreno, che poi pastori e mandriani, conducendo i loro armenti ai fiumi sottostanti, resero più simili a classiche mulattiere. Con l’arrivo degli etruschi le cave, da umidi e scoscesi diverticoli, si trasformarono in strade di grande comunicazione.

Da abili ingegneri in idraulica essi resero efficenti le cave ; regolarono, uniformandola, la tendenza stradale ; allargarono i punti più stretti e provvidero a canalizzare le acque piovane, che impetuose vi scorrevano durante violenti temporali, cause maggiori dello continua erosione. Sistemate queste strade e rese percorribili ai carriaggi, il traffico cominciò a svolgersi tra Saturnia e Sovana da una parte, Statonia, Vulci, Chiusi dall’altra. Che queste "cave" di Sorano, per intenderci quelle di San Rocco, San Vanlentino e Case Rocchi, siano state "costruite" lo dimostra il fatto che, nonostante partano da zone distanti tra loro, sboccano assai vicine l’una all’altra alla triplice confluenza dei tre fiumi del Cercone, Castelsereno e Lente, nell’unico punto della valle piatto e assai spazioso, da cui si può accedere agevolmente a Sorano attraverso l’antica porta dei Merli o del Lente.Anche le vie cave contribuivano, secondo molti studiosi, a rendere più difficile e pericoloso l’accesso ai nemici che volevano tentare di avvicinarsi in armi all’abitato. Nei punti di confluenza di queste "vie" nella stretta vallata del Lente, sorgevano poi vecchi mulini ad acqua a cui i contadini della zona conducevano gli asini carichi di grano da macinare.


 

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  Rocca Aldobrandesca Sovana  
 
  Cave  
 
     
 
     
 
     
 

 
     
 

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