Febrvarius
di Hirpus
Ultimo mese dell’Anno Sacro e secondo dell’Anno-Mondo, Februarius (da februare, “purificare, espiare”) deve il suo nome all’antichissima divinità italica FEBRVS o FEBRIS -da taluni assimilata a Lupercus e Faunus, ed in epoca tarda a Dis Pater- cui è sacro, analogamente a IVNO FEBRVA.
Mese particolarmente ricco di festività religiose tese alla purificazione dell’anima e del corpo, actio interiore tipica della fase di chiusura di un ciclo e di apertura di un altro (in questo caso, l’Anno Sacro). Se la seconda metà di Ianuarius con le Feriae Sementiuae esprime ritualmente il passaggio dal non-manifesto al manifestato tramite l’atto della germinazione, già con i Paganalia (che prevedono la lustrazione dei pagi e dei uici) si ha una anticipazione dell’idea di purgatio che sarà il tema dominante del mese successivo, articolantesi attraverso tutta una serie di purgamina e piamina volti da una parte a espiare ed a purificare l’anima ed il corpo dalle scorie, dall’altra a propiziare l’ingresso nella “PrimaVera” e la “rigenerazione solare alla fine del tempo oscuro e freddo, attraverso la quarantena che va dalle NONAE di Febbraio alle Idi di Marzo.” (Kal.Victrix MMDCCLIX e.v.)
E’ dunque una sorta, se così si può dire, di lungo “intermezzo” in cui, soffuso da un’aura traslucida, il Tempo scorre scandito (rhythmus) dall’azione ordinatrice dell’uomo romano nel Cosmo (ritus) specificamente volta alla espiazione, purgazione, lustrazione dell’anima e del suo sostegno fisico.
La dignità ieratica della Dea, invocata nel primo giorno del mese –in cui al contempo cade la ricorrenza del Dies Natalis Herculis- come Madre Regina Salvatrice (SEISPES – aut SOSPITA - MATER REGINA, il cui Tempio trova collocazione nel Forum Holitorium), è esaltata nell’aspetto particolarmente pregno di significato di Purificatrice: come la febbre altro non è se non il modo in cui l’organismo reagisce al male che lo affligge, così Iuno Sospita (propriamente invocata come Februa alle Nonae) “libera anima e corpo [...] dal morbvs” (Kal.Victrix, cit.) ergendosi a Nume tutelare del mese che da Lei, e dal suo antico “corrispettivo” italico, trae il nome.
Quasi a significare l’Equilibrio che nell’anima e nel corpo nasce a seguito della necessaria purificazione, processo che propizia una nuova presa di possesso di sé previa la eliminazione delle fecce, le Nonae sono consacrate, oltre che a Iuno Februa, a Concordia; è in questo giorno dell’anno 751 dell’Urbe (2 a.e.v.) che il Senato, per bocca di Valerio Messala, designa con l’appellativo di Pater Patriae il Princeps Octauianus Augustus, di cui Ovidio dice: “Hoc tu per terras, quod in aethere Iuppiter alto, / Nomen habes : hominum tu pater, ille deum.” (Fasti II, 131-132)
Lo stesso Ovidio, in Fasti II, 149-151, colloca poi al 9 febbraio (V IDVS) l’inizio della Primavera.
Essendo Februarius il mese della Purgatio per eccellenza, si comprende come in esso assumano particolare rilievo le festività in onore dei defunti, migrate poi -in età cristiana- nel mese di Novembre, posto a chiusura dell’anno ecclesiastico. In quest’ottica le Idi (NP) segnano l’inizio del novendiale parentale -PARENTALIA, dalle Idi a X Kalendas, 21- dedicato alla commemorazione dei morti, che si apre in questo giorno con la parentatio pubblica effettuata dalle Vestali (VIRGO VESTA PARENTALIA); i templi sono chiusi e i magistrati non recano le insegne.
Cadono in questo periodo anche le FORNACALIA sacre alla dea Fornax, feriae conceptiuae (vale a dire festività non fisse, statiuae - bensì mobili, determinate di anno in anno da magistrati e sacerdoti) in cui si procede alla tostatura del grano: in esse, ognuno è tenuto a sacrificare alla Dea nella propria Curia (M.E. Migliori, Il Calendario Romano dalle Origini al Pontificato di Augusto, pag. 21 – in Arthos, a. IX-X, n° 22-24, Genova, giugno 1981), fatta salva la possibilità di recuperare i riti il 17 (XIV Kal., STVLTORVM FERIAE), giorno sacro al Diuus Romulus Quirinus -QVIRINALIA- pubblicamente onorato con l’offerta di libagioni.
Le PARENTALIA costituiscono il fulcro del mese di Februarius. In esse il “Tempo civico” è sospeso, espressione precipua ne sia la proibizione di contrarre matrimonio per tutta la durata del novendiale; tutto è massimamente teso al Silenzio: “si crei il silenzio tacito, ci si rivolga ai Padri Maggiori” (Kal. Victrix, cit.) propiziando con il compimento dei riti agnatizi i DIVI PARENTES publici et priuati.
E tuttavia il Silenzio è apparentemente intaccato dai LVPERCALIA del 15 (XVI Kal., NP), rito tra i più misteriosi dell’universo romano, retaggio di ritualità arcaiche che si perdono tra le brume delle Origines Italiane. I Lupercalia, che pur si innestano nel medesimo contesto dei Parentalia, vedono un intreccio di purificazione e fertilità. Essi consistevano in una corsa selvaggia compiuta in stato di nudità dai Luperci, giovani sacerdoti divisi in due gruppi, i Fabiani ed i Quinctiales, che in preda ad ebbrezza pànica colpivano con corregge ricavate da una capra sacrificata (dette februa o amiculum Iunonis) quanti incontravano sul proprio percorso, avente come caput et cauda il Lupercal, l’antro di LVPERCVS-FAVNVS la cui voce profetica era possibile udire tra le fronde del bosco sacro. Il populus si radunava sul Palatino (il “monte delle Origini”) onde essere februatus, purificato dalle frustate dei Luperci, le cui principali destinatarie erano tuttavia le donne, le quali una volta colpite vedevano così assicurata la propria fertilità conformemente all’antichissima profezia che Ovidio, in Fasti II 441, pone tra le labbra di Giunone: “Italidas matres, inquit, sacer hircus inito!” (“Un sacro caprone –disse- penetri le madri italiche!”)
Il rito, che già in età repubblicana divenne motivo di scandalo tanto da giustificare, in seguito, l’emanazione di un decreto con cui Augusto ne proibiva la partecipazione ai giovani imberbi, fu definitivamente abolito da Gelasio nel 494 e.v.
Il 20 (XI Kal.) si ha l’ingresso del Sole nella costellazione dei Pesci. Il giorno successivo si svolgono le FERALIA: ultimo dies parentalis, esso chiude il novendiale con l’offerta ai Manes e la propiziazione di Tacita Muta. La CARISTIA SEV CARA COGNATORVM del 22 (IX Kal.) funge da suggello al ciclo della parentatio: in questo giorno si imbandisce la Mensa che raccoglie agnati e cognati nel segno di Concordia, il convito gentilizio in cui si propiziano i Penates Gentis, allestito, sembrerebbe, a mo’ di chiusura del ciclo lustrale in onore dei defunti mediante il ricollegamento fattuale della Stirps ai Manes sino a questo momento onorati e che costituiscono il Ceppo stesso da cui erompe ed in cui confluisce il Sangue della Gens.
Altre festività particolarmente importanti sono i TERMINALIA del 23 febbraio (VIII Kal.) sacri al dio Terminus, onorato al limitare degli appezzamenti terrieri: qui, le pietre di confine (termina) vengono inghirlandate e si fanno offerte ai Lares. La collocazione dei riti in onore di Terminus al termine dell’Anno Sacro è significativa: sotto il profilo esoterico, si onora in questo giorno la “Pietra di Fondamento del Mvndvs, là dove esso termina, chiudendo così il ciclo il Principio, il Rex, fugge.” (Kal.Victrix, cit.)
Si fa qui riferimento al REGIFVGIVM del 24 febbraio (VII Kal.), festività simmetrica ai POPLIFVGIA del 5 luglio secondo un “asse populus-rex” individuato con sagacia, tra gli altri, da Dùmezil. La fuga ed il successivo occultamento del Principio (il Rex, comunemente ricollegato alla cacciata di Tarquinio il Superbo ed alla fine della Monarchia storica) personificato nel Rex Sacrorum chiude l’Anno Sacro, introducendo uno stato intermedio di attesa del nuovo ciclo i cui prodromi è dato riscontrare nelle EQVIRRIA, in cui si dà inizio alle solenni corse di cavalli in onore di Mars, Pater Romae, che darà vita, alle Kalendae di Martius, al nuovo Anno.
“Et honor et tumulis, animas placare paternas
Paruaque in exstructas munera ferre pyras.
Parua petunt Manes : pietas pro diuite grata est
Munere ; non auidos Styx habet ima deos.
[…]
Hunc morem Aeneas, pietatis idoneus auctor,
Attulit in terras, iuste Latinue, tuas.
Ille patris Genio sollemnia dona ferebat ;
Hinc populi ritus edidicere pios.”
-
“Si onorano anche le tombe: si placano le ombre degli avi,
si portano piccoli doni nelle costruzioni sepolcrali.
I Mani chiedono poco: la devozione è loro gradita
più di un ricco dono; il profondo Stige non ha dei avidi.
[…]
Fu Enea, ideale maestro di pietà, a portare
tale costume nelle tue terre, o virtuoso latino.
Egli recava al Genio del padre doni rituali
e il popolo apprese da qui le cerimonie devote.”
P. Ouidius Naso, Fasti II, 533-536; 543-546.
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